Il frutteto misto all'interno della casa circondariale con cui collabora Giovanna Del Pupo
Tanti germogli dietro le sbarre
L’esperienza del lavoro agricolo nelle strutture detentive: la testimonianza di Giovanna Del Pupo che, dal 2022 collabora con una casa circondariale che ha ottenuto la certificazione biologica.
16 giugno 2023
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. (Art. 27 della Costituzione Italiana). Cosa c’entra un comma specifico della Carta Costituzionale con il lavoro agricolo? A spiegarcelo è Giovanna Del Pupo, agronoma, consulente per le Certificazioni di Qualità Agroalimentari e membro di AgroRete, la rete di tecnici ed esperti creata da QdC® - Quaderno di Campagna® per aiutare i produttori a incontrare figure esperte e preparate per gestire i diversi aspetti delle aziende agricole.
“Dal 2022 collaboro regolarmente con una Casa Circondariale dove un gruppo di detenuti svolge attività agricola all’interno della struttura detentiva - spiega l’agronoma -: questo tipo di attività non è una novità recente, anzi, possiamo dire che l’agricoltura nel mondo della detenzione c’è sempre stata. Prima della Carta Costituzionale era addirittura considerata uno strumento punitivo per i detenuti mentre oggi è parte, come si evince dall’articolo 27 della Costituzione, di un percorso di recupero e deve essere retribuito secondo specifici criteri”.
Un tempo le strutture detentive dedicate alla sola attività agricola erano numerose mentre oggi ne rimangono solo tre. In molte delle altre l’agricoltura è un’opportunità fra quelle offerte ai detenuti come percorso di recupero: “In Italia, di norma, la terra nuda all’interno della struttura carceraria, e quindi di proprietà del Ministero della Giustizia, può essere gestita direttamente dal carcere o data in appalto a cooperative sociali che impiegano i detenuti e si occupano della completa gestione dell’area. Sono situazioni in cui nascono progetti di grande valore e anche caratterizzati da una certa creatività, come possono essere quelli raccolti nel portale economiacarceraria.com. Nel caso della struttura dove svolgo la mia collaborazione ci troviamo nel primo caso: la terra è in gestione diretta della struttura carceraria che impiega un gruppo di detenuti in regime di semilibertà e che, grazie a una gestione particolarmente lungimirante, ha ottenuto anche la certificazione biologica. In questo modo ai detenuti che vanno a lavorare in area verde, grazie a un corso di formazione abbinato al lavoro in campo, possiamo dare un attestato che certifica la conoscenza dei fondamenti di base dell’agricoltura biologica”.
“La struttura può contare su 1,8 ettari di area coltivabile divisa in due aree: 0,9 ha dove coltiviamo orticole fra cui broccoli e broccoletti di qualità straordinaria e tutte le orticole estive e che ospitano tre serre tunnel per complessivi 200 metri lineari di coltura protetta e una serra-vivaio riscaldata di 35 metri per 14 metri. Gli altri 0,9 ha ospitano invece un frutteto misto che produce drupacee e mele, fra cui alcune varietà antiche che sarebbe interessante valorizzare sul territorio. La struttura ospita anche 12 arnie di api per la produzione del miele per le quali, purtroppo, la posizione della struttura non ci consente di ottenere la certificazione biologica ma che rimane un prodotto di altissima qualità”.
E visto che si tratta di “un’azienda agricola”, per quanto sui generis, il prodotto viene poi venduto: “I frutti del lavoro di campo vengono venduti nello spaccio interno a tutti i civili che possono entrare nella struttura carceraria come personale amministrativo, insegnanti, medici, avvocati e, da poche settimane, grazie ai volontari di diverse associazioni, il sabato mattina diamo vita a un mercatino proprio davanti al blocco detentivo con i detenuti che hanno l’autorizzazione alla semilibertà, naturalmente sempre sotto la supervisione di un agente di polizia penitenziaria. Tutto il ricavato del venduto finisce nelle casse dell’Erario a ulteriore dimostrazione della bontà di questo progetto di riabilitazione”.
E in questa sfida non semplice (“Dobbiamo porre la massima attenzione a ogni strumento o attrezzatura - spiega Del Pupo -, dobbiamo usare corde per fare le legature delle piante che si rompano facilmente, utilizzare manichette lunghe al massimo due metri e gocciolatori soltanto interrati”) QdC® - Quaderno di Campagna® rappresenta uno strumento di supporto importante per l’agronomo o il tecnico coinvolto: “I detenuti non possono usare connessioni internet verso l’esterno quindi l’onere della compilazione dei registri è ovviamente in carico al tecnico e, producendo per la vendita a terzi, siamo tenuti a rispettare tutte le norme del caso. In più, essendo certificati per la produzione biologica, due volte all’anno riceviamo le visite di controllo dall’ente certificatore. Inoltre ci siamo aperti a collaborazioni con realtà importanti a cui forniamo il prodotto biologico: in tutte queste situazioni utilizzo QdC® - Quaderno di Campagna® per la tenuta dei registri e la produzione della documentazione necessaria. E magari - conclude - anche per tenere traccia dei kg prodotti e venduti, incluse delle fragole che, persino ad agosto, sono cresciute sulla terra coltivata dai detenuti”.